Sponsorizzazioni, donazioni, partnership e Art Bonus: ci sono molti modi e molte ragioni per le quali privati, ma soprattutto aziende possono (e dovrebbero) investire nella cultura, nell’arte e nella solidarietà.

Mentre la crisi e i suoi effetti continuano a pesare sul business e sulle tasche degli italiani, mentre i tassi di disoccupazione rimangono preoccupanti e l’attesa ripresa tarda a palesarsi nella realtà dei fatti, mentre il welfare pubblico si contrae sempre di più, inaspettatamente (o forse no) i cuori e le coscienze delle persone si rivelano tutt’altro che inariditi: oltre 32 milioni di nostri connazionali (dati Censis 2016) ha fatto almeno una donazione nell’ultimo anno e questi numeri continuano a rafforzare la rete di aiuto informale sostenuta dalla responsabilità individuale diffusa.

Questo boom delle donazioni, che dimostra come, dopo tutto, la propensione all’altruismo e alla solidarietà sia ancora un connotato costitutivo degli italiani, non riguarda solo privati cittadini e patrimoni individuali.

Anche le aziende sono sempre più coinvolte in questo circolo virtuoso di restituzione al territorio e condivisione, impegnate, almeno un’azienda ogni tre a livello mondiale (contro una ogni 10 nel 2010), in investimenti su azioni di impatto sociale (definizione in cui rientrano anche cultura e arte).

Le motivazioni sono in primo luogo etiche, ma, quando si tratta di aziende, la filantropia e il mecenatismo diventano anche strumenti strategici per rafforzare il brand e per acquisire una fonte di crescita, creando valore sociale ed economico.

la filantropia passa dalle sponsorizzazioni, dalle donazioni e dalle partnership a iniziative sociali, ambientali e culturali, ma anche dalle novità dell’Art Bonus, con le sue interessanti agevolazioni fiscali.

La centralità delle motivazioni etiche in questo caso, pur persistendo, lascia spazio alla valutazione delle donazioni quali occasioni di sviluppo e di creazione di valore per l’impresa stessa e per la comunità. Le donazioni sono intese come investimenti che devono generare ritorni sociali e, nel tempo, ritorni finanziari, in un’ottica di impact investing.

Se fino a pochi anni fa l’impegno sociale delle aziende si limitava al sostegno fornito a qualche progetto no-profit, e tanto bastava per essere apprezzate per il proprio impegno, oggi le aspettative della società nei confronti delle imprese sono decisamente cresciute.

La comunità ora chiede alle imprese di assumere un ruolo forte, di leadership e di stimolo, nelle sfide che riguardano gli ambiti di intervento sociale, a tutti i livelli. In altre parole, vista la progressiva sfiducia nelle istituzioni, ci si aspetta sempre più spesso che siano le grandi aziende a sostenere le buone cause e a intervenire per appoggiare attività e progetti ad alto impatto sociale e culturale.

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